Il flauto e la sua espressività

Parsifal

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8 Luglio 2019
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Preferite maggiormente il flauto "funambolo" virtuoso che cerca di competere con i violinisti, oppure di più il lato pastorale lirico espressivo?
Secondo voi quale di questi due aspetti ha più presa sul pubblico e ritenete più consono al nostro amato strumento?
Forse questa scelta è anche dettata dalle abilità di ciascuno di noi. Ho sentito più di un flautista dire : "a me con il flauto piace cantare!"....altri invece si dilettano maggiormente su passaggi altamente tecnici. Magari dipende anche da una questione di scuola flautistica.
Io sono ancora alle prime armi e di recente ho ascoltato il "Concerto pastorale" di Rodrigo. Lo adoro...il primo tempo è una cascata di note, ma quello che preferisco è il tema iniziale del secondo tempo. Quindi posso dire con quasi certezza di preferire il lirismo flautistico.
 
Secondo me il flauto è principalmente uno strumento di espressione. Il flautista non dovrebbe mai dimenticare che sta suonando una "canna"!
Fino a quando il flauto è stato un vero strumento pastorale o di graziosa agilità, i più grandi compositori (Haendel, Bach, Haydn, Mozart) scrissero per esso dei capolavori. Quando i flautisti ad un certo punto cercarono di competere con i violinisti, anche i compositori preferirono a quel punto il violino! Non mi sembra ci sia infatti una sola pagina di musica per flauto di Mendelssohn, Schumann o Brahms!
Non a caso le cose cambiarono nel XX secolo con Debussy "Prelude a l'apres midi d'un faune". Il flauto tornò alla ribalta...perchè? Debussy non ha mai chiesto al nostro strumento dal suono dolce quello che può dare!
 
Anche il mitico Louis Fleury amava il carattere melanconica del flauto.
Lui la chiamava "Dolcezza melanconica" e cita tre esempi tutti costruiti sullo stesso ritmo di Siciliana:
1) la Siciliana del II movimento della Sonata in Mi bemolle per flauto e cembalo di Bach. Lui scrive che lo stesso brano eseguito da un altro strumento (per esempio il violino) diventerebbe drammatico e ridondante e la sua grazia svanirebbe;
2) Andante di John Stanley (I movimento del primo degli otto Solos for a German Flute)
3) III movimento della Sonata in Sol minore di Blavet.

Ovviamente fa un confronto con il brano dei suoi tempi "Prelude a l'apres midi d'un faune" che lo stesso Debussy gli dedicò e che lui eseguì.

Ma Louis Fleury rimarca come è possibile richiedere al flautista un po di brio (lui lo chiama "spirito e gaiezza") che è cosa ben diversa dal dover pompare e forzare il suono! Come esempio riporta la celebre Badinerie della Suite in Si minore di Bach. Provocatoriamente dice di provare a suonare questo brano senza il flauto, ma con i soli archi. Troveremmo che i temi diventerebbero pesanti e sgradevoli.
Tra gli altri esempi riportati vi è la coda dello Scherzo del Sogno di una Notte di Mezza Estate. Oppure la variazione nell'Ascanio di Saint-Saens. In quest'ultimo pezzo il flauto emerge in modo perfettamente chiaro dalla massa orchestrale. Anzi, lui critica alcuni direttori d'orchestra del suo tempo che erano soliti raddoppiare o quadruplicare la parte del flauto per aumentare il suono. Giustamente Fleury sostiene che non è compito del solista produrre più suono in modo da coprire l'orchestra, ma sta agli strumenti che accompagnano essere più discreti (magari quelli si ...da ridurre di numero!!) Sante parole!!
 
Ciao, vorrei fare qui il bastian contrario, non tanto per contraddirvi quanto per portare un pensiero differente e indurre alla riflessione.
Innanzitutto, credo che il flauto moderno sia uno strumento versatile a cui possono venir chieste cose diverse. Esistono brani in cui è richiesta grande espressione melodica e brani in cui spicca la virtuosità tecnica, parti in cui il flauto fa riempimento armonico o crea colore e parti in cui lo strumento deve essere ritmico o fare brioso abbellimento.
Detto questo: avete mai provato ad avvertire il vostro suono forte quanto siete nella vostra stanzetta e assolutamente debole quando siete in una grande sala da concerto?
A me è capitato di ritenere il mio suono sufficientemente sonoro e quando mi sono trovato ad eseguire con il pianoforte, ho avvertito la difficoltà a bilanciare la mia sonorità rispetto al pianoforte. Per quanto si possa chiedere al pianista di suonare delicatamente (quelli incapaci "pestano" quasi zappassero), certe situazioni dense non permettono di scendere sotto certi livelli sonori e quindi in questi casi è il flautista che deve suonare vigorosamente.
Oppure vi è capitato in una grande sala di sentire il vostro suono scappare via? Vi siete posti il problema di ascoltarvi o quello di raggiungere l'ultimo ascoltatore in fondo? E che dire delle situazioni in cui il luogo in cui suoniamo è secco oppure riverberante?
Trovarsi in situazioni diverse dalla consuetudine, ci mette in crisi; se non sappiamo reagire ci scoordiniamo malamente. Ad esempio, per pareggiare la sonorità del piano o contrastare il "vuoto uditivo" provocato dal proiettarsi del suono, ho personalmente sperimentato la negatività del soffiare troppo vigorosamente.
Esperienze di questo tipo mi sono servite per correggere il mio modo di pensare e di studiare. Ma non solo. Ho dovuto affrontare domande come: quale suono rimanda questa sala? Come devo bilanciare il mio approccio nel suonare? Con quanta vigorosità devo soffiare senza perdere coordinazione e resistenza? Il piano deve avere il coperchio completamente aperto, aperto a metà o chiuso? Dove devo posizionarmi: davanti alla curva della coda del pianoforte oppure al lato del pianista (come fanno i violinisti)? Come devo stare di fronte al pubblico: esponendo trasversalmente il corpo del flauto oppure puntando l'estremità finale dello strumento?
Insomma, tutto questo per dirvi che le situazioni musicali sono diverse e che per ciascuna dobbiamo trovare la soluzione più adatta.
In certi casi non è possibile suonare il flauto dolcemente, in maniera "bucolica" ed è necessario imparare anche a suonare forte o meglio in maniera più focalizzata così da aumentare la proiezione e l'incisività del nostro suono.
Ricordate: se suono fortissimo, a 50 metri il mio suono sarà avvertito mezzo-piano.
 
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Ciao, vorrei fare qui il bastian contrario, non tanto per contraddirvi quanto per portare un pensiero differente e indurre alla riflessione.
Innanzitutto, credo che il flauto moderno sia uno strumento versatile a cui possono venir chieste cose diverse. Esistono brani in cui è richiesta grande espressione melodica e brani in cui spicca la virtuosità tecnica, parti in cui il flauto fa riempimento armonico o crea colore e parti in cui lo strumento deve essere ritmico o fare brioso abbellimento.
Detto questo: avete mai provato ad avvertire il vostro suono forte quanto siete nella vostra stanzetta e assolutamente debole quando siete in una grande sala da concerto?
A me è capitato di ritenere il mio suono sufficientemente sonoro e quando mi sono trovato ad eseguire con il pianoforte, ho avvertito la difficoltà a bilanciare la mia sonorità rispetto al pianoforte. Per quanto si possa chiedere al pianista di suonare delicatamente (quelli incapaci "pestano" quasi zappassero), certe situazioni dense non permettono di scendere sotto certi livelli sonori e quindi in questi casi è il flautista che deve suonare vigorosamente.
Oppure vi è capitato in una grande sala di sentire il vostro suono scappare via? Vi siete posti il problema di ascoltarvi o quello di raggiungere l'ultimo ascoltatore in fondo? E che dire delle situazioni in cui il luogo in cui suoniamo è secco oppure riverberante?
Trovarsi in situazioni diverse dalla consuetudine, ci mette in crisi; se non sappiamo reagire ci scoordiniamo malamente. Ad esempio, per pareggiare la sonorità del piano o contrastare il "vuoto uditivo" provocato dal proiettarsi del suono, ho personalmente sperimentato la negatività del soffiare troppo vigorosamente.
Esperienze di questo tipo mi sono servite per correggere il mio modo di pensare e di studiare. Ma non solo. Ho dovuto affrontare domande come: quale suono rimanda questa sala? Come devo bilanciare il mio approccio nel suonare? Con quanta vigorosità devo soffiare senza perdere coordinazione e resistenza? Il piano deve avere il coperchio completamente aperto, aperto a metà o chiuso? Dove devo posizionarmi: davanti alla curva della coda del pianoforte oppure al lato del pianista (come fanno i violinisti)? Come devo stare di fronte al pubblico: esponendo trasversalmente il corpo del flauto oppure puntando l'estremità finale dello strumento?
Insomma, tutto questo per dirvi che le situazioni musicali sono diverse e che per ciascuna dobbiamo trovare la soluzione più adatta.
In certi casi non è possibile suonare il flauto dolcemente, in maniera "bucolica" ed è necessario imparare anche a suonare forte o meglio in maniera più focalizzata così da aumentare la proiezione e l'incisività del nostro suono.
Ricordate: se suono fortissimo, a 50 metri il mio suono sarà avvertito mezzo-piano.
Non stai facendo nessun bastian contrario. Anzi, hai riportato giustamente un altro aspetto della questione che ci era sfuggita.
È proprio vero! Nella nostra cameretta sembra tutto facile. Non per una questione d'emozione o privacy (cioè potremmo sentirci più "sicuri" tra le quattro mura domestiche), ma proprio per l'acustica diversa. Personalmente mi emoziono tantissimo in una sala "sorda", dove il suono non cammina e se suoniamo con il pianoforte siamo ancora di più penalizzati in termini acustici. Oltre che si sente la minima imperfezione del suono e la paura aumenta.
Mentre in una sala con parecchio riverbero (per esempio una Chiesa) sembra di essere diventati Galway! :ROFLMAO: