Con il passaggio al XVII secolo si chiuse un'epoca, una civiltà, quella rinascimentale; e con essa un'idea, una filosofia, una prassi della musica. Con l'avvento del barocco, i cambiamenti furono molto radicali. A livello teorico si introdussero le tonalità; sul piano armonico quindi si crearono accordi via via più complessi, e , soprattutto, nacque il basso continuo (una specie di accompagnamento melodico-armonico ad uno o più strumenti solisti); si creò appunto il concetto di solismo, legato, soprattutto all'inizio a quello di virtuosismo. Ecco quindi che il flauto dolce, essendo uno strumento melodico, divenne prevalentemente uno strumento solista.
Poco alla volta si costruirono flauti dalle possibilità tecniche sempre maggiori, e così anche i compositori sperimentarono e ricercarono virtuosismi sempre più vertiginosi.
È questo appunto il significato delle composizioni solistiche chiamate "Ricercari", da non confondere con i Ricercari di carattere contrappuntistico. Essi si avvicinano al moderno concetto di Studio e raramente raggiungono una elevata validità musicale. Con la nascita del virtuosismo solistico, si iniziò a differenziare la figura di compositore da quella di esecutore (anche se questo processo rimarrà alquanto limitato per tutto il periodo barocco). Si formarono, comunque, grosse personalità musicale quali un Frescobaldi o un Monteverdi. Il solismo inoltre favorì l'acquisizione definitiva, sia pur in modo molto graduale, del concetto di destinazione strumentale specifica ad una data composizione. In altre parole, ora i compositore scrivevano un brano, per esempio una Sonata o una Canzona, per quello strumento particolare, che poteva essere nella maggior parte dei casi un violino o un cornetto; questo fatto per non escludeva la possibilità di poter utilizzare anche altri strumenti, come il flauto dolce appunto, tanto che spesso gli autori facevano seguire all'indicazione strumentale, scelta come ottimale, le frasi "o altro strumento simile" o "et ogni altro instromento".
Nella prima metà del XVII secolo la denominazione "flauto" indicava un modello abbastanza preciso di flauto dolce: si trattava, nella maggior parte dei casi, di un "alto in sol", ossia un flauto tagliato un tono sopra l'attuale contralto in fa; lo strumento più acuto, il moderno soprano in do, era invece chiamato spesso "flautin". Questa distinzione di termini rimase in uso per tutto il periodo barocco pressochè invariata: nel 700 per "flauto" si intendeva il contralto in fa, mentre il soprano in do veniva chiamato spesso "flauto piccolo".
Non ci rimangono molte composizioni specificatamente destinate al flauto; tra queste troviamo diversi Ricercari per flauto solo di Aurelio Virgiliano (da "Il Dolcimelo", manoscritto risalente ai primissimi anni del 1600) alcune Canzoni a più strumenti (tra i quali appunto il flauto) di Giovanni Picchi (1624); per il "flautin" ci rimangono due Canzoni di Giovanni Battista Riccio (1620). Esisteva sempre comunque la possibilità di eseguire al flauto la grande quantità di composizioni lasciateci senza una indicazione strumentale specifica, o, addirittura, come ho già spiegato prima, la possibilità di suonare con il flauto brani scritti per violino o per cornetto. In questo senso sono oramai patrimonio di ogni buon flautista le Canzoni di Gerolamo Frescobaldi (1628-1634) le Sonate di Giovanni Paolo Cima (1610) alcune delle Sonate di Giovanni Battista Fontana (1641, postume) o di Dario Castello (1621, 1629), e moltissime altre composizioni.
In questo secolo di fervidi cambiamenti musicali, nasce anche il melodramma, un genere musicale a cui Claudio Monteverdi diede un impulso determinante. E il flauto dolce ebbe un posto d'onore anche nelle opere della prima metà del 600. Era utilizzato soprattutto nelle Sinfonie e nei ritornelli strumentali, e sovente accompagnava anche i cori; comunque era un tipico strumento adatto a scene pastorali. Era sicuramente presente agli inizi del XVII secolo nei complessi strumentali delle cappelle musicali e delle corti del nord-Italia, tanto che Monteverdi lo impiega sia nella partitura dell'Orfeo (1607), forse il più famoso tra i primi melodrammi, sia nell'altro suo capolavoro: il "Vespro della Beata Vergine" (1610)
Poco alla volta si costruirono flauti dalle possibilità tecniche sempre maggiori, e così anche i compositori sperimentarono e ricercarono virtuosismi sempre più vertiginosi.
È questo appunto il significato delle composizioni solistiche chiamate "Ricercari", da non confondere con i Ricercari di carattere contrappuntistico. Essi si avvicinano al moderno concetto di Studio e raramente raggiungono una elevata validità musicale. Con la nascita del virtuosismo solistico, si iniziò a differenziare la figura di compositore da quella di esecutore (anche se questo processo rimarrà alquanto limitato per tutto il periodo barocco). Si formarono, comunque, grosse personalità musicale quali un Frescobaldi o un Monteverdi. Il solismo inoltre favorì l'acquisizione definitiva, sia pur in modo molto graduale, del concetto di destinazione strumentale specifica ad una data composizione. In altre parole, ora i compositore scrivevano un brano, per esempio una Sonata o una Canzona, per quello strumento particolare, che poteva essere nella maggior parte dei casi un violino o un cornetto; questo fatto per non escludeva la possibilità di poter utilizzare anche altri strumenti, come il flauto dolce appunto, tanto che spesso gli autori facevano seguire all'indicazione strumentale, scelta come ottimale, le frasi "o altro strumento simile" o "et ogni altro instromento".
Nella prima metà del XVII secolo la denominazione "flauto" indicava un modello abbastanza preciso di flauto dolce: si trattava, nella maggior parte dei casi, di un "alto in sol", ossia un flauto tagliato un tono sopra l'attuale contralto in fa; lo strumento più acuto, il moderno soprano in do, era invece chiamato spesso "flautin". Questa distinzione di termini rimase in uso per tutto il periodo barocco pressochè invariata: nel 700 per "flauto" si intendeva il contralto in fa, mentre il soprano in do veniva chiamato spesso "flauto piccolo".
Non ci rimangono molte composizioni specificatamente destinate al flauto; tra queste troviamo diversi Ricercari per flauto solo di Aurelio Virgiliano (da "Il Dolcimelo", manoscritto risalente ai primissimi anni del 1600) alcune Canzoni a più strumenti (tra i quali appunto il flauto) di Giovanni Picchi (1624); per il "flautin" ci rimangono due Canzoni di Giovanni Battista Riccio (1620). Esisteva sempre comunque la possibilità di eseguire al flauto la grande quantità di composizioni lasciateci senza una indicazione strumentale specifica, o, addirittura, come ho già spiegato prima, la possibilità di suonare con il flauto brani scritti per violino o per cornetto. In questo senso sono oramai patrimonio di ogni buon flautista le Canzoni di Gerolamo Frescobaldi (1628-1634) le Sonate di Giovanni Paolo Cima (1610) alcune delle Sonate di Giovanni Battista Fontana (1641, postume) o di Dario Castello (1621, 1629), e moltissime altre composizioni.
In questo secolo di fervidi cambiamenti musicali, nasce anche il melodramma, un genere musicale a cui Claudio Monteverdi diede un impulso determinante. E il flauto dolce ebbe un posto d'onore anche nelle opere della prima metà del 600. Era utilizzato soprattutto nelle Sinfonie e nei ritornelli strumentali, e sovente accompagnava anche i cori; comunque era un tipico strumento adatto a scene pastorali. Era sicuramente presente agli inizi del XVII secolo nei complessi strumentali delle cappelle musicali e delle corti del nord-Italia, tanto che Monteverdi lo impiega sia nella partitura dell'Orfeo (1607), forse il più famoso tra i primi melodrammi, sia nell'altro suo capolavoro: il "Vespro della Beata Vergine" (1610)