L'Epcoca del passaggio dal flauto dolce al traverso

Mariano

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23 Agosto 2019
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Spero sia la sezione più appropriata per fare questa domanda.
In che epoca e per quali motivi ad un certo punto la maggior parte dei flautisti hanno iniziato a preferire il flauto traverso a quello dolce?
Del resto il flauto traverso non era altro che un flauto dolce più lungo che si suonava orizzontalmente, o sbaglio? Non aveva neppure quella serie di chiavi, leve etc.. così come le conosciamo oggi.
 

Sweety

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3 Settembre 2019
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Nel Corso del Settecento si iniziò a verificarsi il progressivo passaggio dal flauto dolce a quello traverso ed i Concerti di Vivaldi inaugurarono a mio avviso la letteratura solistica dedicata al flauto. Fino ad allora i flautisti dovevano arrangiarsi come potevano cercando di adattare al proprio strumento le musiche scritte per il violino o l'oboe.
Per poter eseguire questi brani i flautisti preferirono il traverso che aveva più potenzialità sonore per il nuovo stile concertante. Più possibilità dinamiche e sonorità più ricca e penetrante.
Inoltre nel corso del Settecento Jaques Hotteterre scrisse il Trattato sul Flauto traverso dove si parla della posizione del corpo e delle mani, l'imboccatura, articolazione etc... E ancora prima di lui Michel de la Barre (maestro di Re Luigi XIII) che fece costruire uno strumento la cui estensione eccedeva le due ottave e l'aggiunta di una sorta di boccola per appoggiare le labbra (migliorando di conseguenza la risonanza dei suoni armonici)
Prima del Settecento il flauto era considerato solo come "alter ego" della voce, mentre con il flauto traverso poteva addirittura permettersi di sostituire il violino nei gusti musicali degli interpreti dell'epoca.
La vera consacrazione però si ebbe quando Federico II di Prussia (allievo di Quantz) pubblico una serie di Sonate da Camera. Il flauto divenne strumento amato dai nobili dilettanti del tempo.
 

Mariano

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23 Agosto 2019
3
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Ok, ma Vivaldi scrisse i Suoi Concerti specificatamente per flauto traverso oppure lasciava libertà di suonarli con flauto dritto o traverso a preferenza delle preferenze dell'esecutore?
 

Sweety

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3 Settembre 2019
13
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Vivaldi ovviamente era perfettamente sintonizzato con gli eventi che stavano cambiando la morfologia e la letteratura del flauto e scrisse i suoi Concerti tra il 1722 ed il 1735, gli anni in cui attraversò le capitali musicali europee.
Lui scrisse per entrambi gli strumenti sempre distinguendo tra "flauto" (intendendo il flauto a becco) e "flauto traverso". Ma Frans Bruggen fa notare come l'impiego delle due dizioni (flauto a becco e flauto traverso) nelle opere vivaldiane non fosse rigida, ma interscambiabile. Questo è il segno che il processo di emancipazione del flauto traverso da quello a becco non avvenne di colpo ma invece fu lento e graduale. E la stessa produzione vivaldiana sia influenzata da questo particolare periodo storico.
 

Justine

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23 Luglio 2019
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nelle opere vivaldiane non fosse rigida, ma interscambiabile.

Infatti questo fu il principale limite delle opere Vivaldiane. Musicisti con Tartini dichiararono che Vivaldi non fu in grado di mettere in risalto tutte le potenzialità sonore e tecniche del flauto
 

Sweety

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3 Settembre 2019
13
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È vero! Tartini dichiarò la scarsa caratterizzazione che la musica di Vivaldi aveva in considerazione agli strumenti di cui faceva uso.
Ma a parte questo però bisogna attribuire alle opere vivaldiane dedicate al flauto l'importanza che pienamente meritano.
Il catalogo flautistico del compositore veneziano mette infatti in risalto una sorprendente ricchezza. Troviamo vasta mole di Concerti per flauto raverso, concerti per flauto a becco, concerti per flautino, un concerto per due flauti traversi, sonate per flauto e basso continuo, una sonata per 2 flauti traversi e continuo.
A ciò si aggiunga un lungo seguito di composizioni per più strumenti e basso continuo, dove il flauto è presente.
Molto discussa invece è l'autenticità de "Il pastor fido" raccolta di 6 sonates pour la Musette, Viele, Flute, hautbois, Violon, avec le Basse Continue op.13, edita da Marchand nel 1713, il cui autore molto probabilmente è da identificarsi nello stesso Marchand.